Sì, non c’è dubbio.
Una strada percorribile per molti motivi. Raccontare storie è uno strumento utile per la crescita personale, per rinforzare il proprio sé, per una maggior acquisizione delle proprie capacità e anche, perché no, per una più vasta consapevolezza della propria persona.
Le storie sono anche un buon modo per comunicare tra amici. Infatti, molti ritengono che anche la buona “chiacchierata da bar” è un modo fai da te, per stare meglio.
Magari proponi semplicemente un’idea o la tua opinione, oppure racconti un aneddoto, ma stai cercando il modo per farti capire, quindi di aprirti verso l'altro.
In realtà ci sono moltissimi altri effetti positivi legati all’utilizzo della narrazione di storie.
- Può essere utile ad adulti, adolescenti e bambini, senza discriminazioni.
- Permette di scoprire l’Altro, di ascoltarlo
- È in grado di emozionare, di coinvolgere, di far immedesimare il nostro ascoltatore
Ma soprattutto..
è un valido strumento di supporto nei percorsi di cura, siano essi di natura psicologica che di natura fisica.
Questa che hai letto è l’opinione di molto psicologi e medici impegnati ad aiutare le persone che si rivolgono a loro e che hanno scoperto le “magie” dello storytelling.
Ora, non sono qua per esaltare le qualità di questa pratica già piuttosto conosciuta e consolidata, da utilizzare nei colloqui.
Voglio solo farti capire un concetto, partendo da questa domanda: come nasce l’idea di usare la narrazione in contesti di cura?
La centralità narrativa permette di costruire una “storia di cura” ovvero una co-costruzione di un percorso di cura, dove il paziente non è più un soggetto passivo ma attivo promotore dei suoi miglioramenti.
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