martedì 28 gennaio 2020

Una e fatta bene

Scrivere d'ipnosi non è mai facile. Questo blog, a parte qualche deviazione con pretesa di convincere, è lo strumento che utilizzo per divulgare non tanto l'ipnosi in sé come strumento terapeutico, quanto il mio modo di intenderla ed utilizzarla. Lo stato dell'arte attualizzandola con la migliore approssimazione possibile al giorno d'oggi. Ritengo sia doverosa, ma soprattutto utile, anche una ricostruzione storica della teoria della tecnica, che va visto non soltanto come riconoscimento accademico, ma anche come atto di gratitudine verso un mondo ancora non del tutto esplorato. C'è la metto sempre tutta affinché i riflettori possano essere sempre puntati nella direzione giusta, in modo tale che si faccia sempre meglio chiarezza su una disciplina non sempre capita.  Tutti gli scritti, a mio avviso sono importanti per per delineare il mio completo panorama della materia, con impegno, con determinazione "qualcosa a qualcuno" arriverà. La comprensione e lo studio di questa disciplina non può dimenticare che questa è nata con l'uomo.
Rendere noto al maggior numero di persone questo strumento, è un lavoro non dogmatico ma dinamico, ovvero in continuo divenire ed in reiterata trasformazione. I suoi benefici si sono estesi in ambiti anche molto lontani fra loro, e chissà quanti altri sono dal venire coinvolti. 



Quale sarà il tuo?



FORMAZIONE



                                   ⇒ RINFORZO DELL'IO   



     ATTACCHI DI PANICO                                      PSICOSOMATICA


                                   FOBIE                        ANSIA                       ATTACCO DI PANICO


                                                 ⇒ STRESS   

                              

   DIPENDENZE  

                           
                                                                         DISTURBI ALIMENTARI



               INSONNIA               PAURA DI VOLARE                            CEFALEE


                    

                                                                                        ODONTOIATRIA            


  CREATIVITA'      


                                                                                                                   SPORT 



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domenica 19 gennaio 2020

L'arte come arca nel naufragio della follia

Attraverso l’arte, le emozioni associate alla malattia possono emergere con maggiore facilità. Il racconto della malattia è parte del percorso terapeutico, in un’ottica di empowerment e recovery, dove la persona è al centro e protagonista del percorso di cura. L’approccio soggettivo è ciò che caratterizza il mio operato come psicologo clinico in comunità terapeutica, dove da tredici anni ho visto e vissuto la sofferenza della “malattia mentale”. Il mio orientamento psicodinamico alle origine dei miei primi passi come clinico, è stato la mia guida durante queste esperienze. Così diverse. Così difficili, Così belle. Ho finalmente le idee molto chiare su come comportarmi con i pazienti. Il ruolo attivo di chi è inserito nelle attività, pazienti ed educatori, è molto importante – non solo in salute mentale, ma in tutte le patologie. Più si è attivi più si riesce ad uscire dal problema. Ovviamente, è fondamentale l’ascolto. Per l’importanza che attribuisco alle narrazioni di malattia, alle narrazioni delle storie di vita dei miei pazienti, dico che l’ascolto attivo ha un ruolo centrale nella relazione significativa e che non se ne può fare a meno. Anche quelli che possono sembrare dettagli contano e affinché sia dato il giusto spazio al paziente, durante i colloqui vi sono delle accortezze alle quali prestare attenzione. Ad esempio evitare di essere interrotti mentre si parla. Se squilla il mio cellulare durante un colloquio, io evito di rispondere per non interrompere il mio interlocutore. Questa è una buona abitudine che dovrebbe varcare le mura dello studio. Il laboratorio di arte-terapia che coordino insieme agli educatori e agli arte-terapeuti viene pensato e implementato in ambienti protetti e contenitivi, affinché mediante i colori e il pennello si possa dare forma all’universo interiore, alle emozioni positive e negative che attraverso una raffigurazione concreta vengono allontanate dalla persona-artista. Adesso sono poco più distanti, sono sulla tela, e questo fa in modo che chi le ha raffigurate possa osservarle e rielaborarle con il distacco che si è soliti usare con qualcosa che non ci appartiene. La tendenza all’isolamento è un comportamento non raro in psichiatria. Le attività di gruppo vengono istituite anche per cercare di far venire meno questo atteggiamento e incoraggiare al dialogo e alla relazione. La patologia psichiatrica comporta una frattura all’interno della persona che ne è affetta: è un momento della vita durante il quale si abbatte una dolorosa e distruttiva tempesta che lascia stremati dal caos sollevato all’interno della persona stessa. Sono sempre maledettamente stupito dal momento immediatamente successivo al naufragio, quello della ricostruzione, ovvero la ricerca, prima di tutto, di quella parte di se stessi che la tempesta ha destabilizzato, se non del tutto distrutto.
Ecco che l’arte entra in questo scenario.
Con essa è possibile apprendere una modalità di osservazione ed espressione che spesso non emerge attraverso la parola.

venerdì 10 gennaio 2020

Sulla strada

- Questo scritto è frutto delle mie personali riflessioni e convinzioni, pertanto non ha alcuna valenza provata e inconfutabile -

Oggi percorrendo la strada che mi porta al lavoro, una via a scorrimento veloce, ho avuto modo di assistere all'ennesimo sorpasso azzardato. Arrivati su un lungo rettilineo, un'auto che stava dietro il mio gruppo, ha avuto la bella idea di sorpassare la colonna di vetture di fronte a lui, riuscendo a rimettersi nella corsia di marcia solo all'ultimo. L'impatto con il veicolo che sopraggiungeva nella direzione opposta è stato evitato per un soffio. Questa, in sintesi, la scena a cui ho assistito. Sono probabilmente ed evidentemente (leggendo le cronache) scenari quotidiani in Italia, ma, in questa sede non mi interessa tanto esporre un fatto e criticarlo, quanto esaminarne le implicazioni emotive interne immediatamente successive. Rabbia. Il mio stato psichico in quel momento, era di pura e cristallina rabbia. La visione di quella scena ha provocato in me una temporanea inibizione dei freni inibitori. Ho saggiato una profonda avversione per l'individuo alla guida di quel veicolo. Non ho solo visto un sorpasso che diremo "azzardato" ho visto un pericoloso soggetto per la collettività. L'ira non mi ha negato di andare oltre questa considerazione, mi ha stimolato ad andare oltre: mi sono chiesto che facoltà ha una persona del genere rispetto a chi gli sta vicino. Il suo potere, quello di una persona stupida ovvero poco intelligente perchè non considera l'Altro, è proprio questo: non avere la minima comprensione per ciò che gli sta intorno, ma soprattutto per chi. Le considerazioni semplicistiche, ovviamente, vengono sempre fatte dopo, a fatto compiuto, a tragedia avvenuta, ad incidente con bilanci funesti. Perchè? Nonostante atti di questo tipo siano frequenti, raccolgono solo tiepide indignazioni (aggettivo fastidioso perchè indica un mostrare in modo discreto, quando a volte bisogna andare in collera per essere davvero autentici) generalmente su Facebook o sui quotidiani da giornalisti con il guinzaglio troppo corto o con poca passione. Quando mettiamo a rischio la vita della collettività siamo dei criminali, in quanto responsabile di atti gravi. Punto. E se l'automobile è, tra gli strumenti inventati dall'umanità, quello che riceve il maggior numero di significati psicologici prevalentemente inconsci, l'uomo alla guida diventa il suo cavaliere, più o meno inconsapevole. Le dinamiche psicologiche del guidatore si attuano quindi a livello cosciente e a livello sommerso. Ecco che abbiamo lo stupido, come sopra, il prudente e via via tutti sulla linea che va dalla norma alla patologia. Sul piano simbolico l'auto può rappresentare diverse cose, dall'arma al rifugio, ma l'idea più condivisa dalla psicologia è quella che la vede associata ad un oggetto sessuale. E se secondo D'Annunzio era una donna oggi ritengo sia più una madre che custodisce, che protegge e che, spesso fa male. La scena all'inizio ha evocato in me stati complessi e non pienamente spiegabili e traducibili, perchè anche io, oltre che individuo sono automobilista. Non nascondo di pensare, che lo stupido di cui sopra, possa coltivare dentro di se, su base nevrotica, che l'aggressività e la spericolatezza al volante possa, simbolicamente, esprimere una capacità virile. In teoria. Sono comunque più portato a pensare che i suoi pensieri siano non molto articolati. L'utilizzo quotidiano dell'auto favorisce la comparsa di grandi cariche aggressive, le quali, quando non incanalate esplodono in una nevrosi. L'atteggiamento che mi ha fatto perdere lucidità e calma è sicuramente il risultato di forme compensative come maleducazione, competitività e appunto manovre  pericolose, che diremo di spavalderia. Terminata quindi la mia riflessione, non priva di contenuti inenarrabili, la calma è tornata, con la sua funzione organizzante e fondamentale per proseguire. Restano molte considerazioni. Resta la consapevolezza di uno stupido in giro. Perchè non ci saranno mai motivi sufficienti che possano attenuare certe mancanze. 


giovedì 2 gennaio 2020

Bisogna stendersi sul lettino?

Che cosa può fare lo psicologo per i miei problemi?
Il  mio problema è di natura fisica o si riduce tutto al pensiero?
E' tutto nella mia mente? Nella mia testa?
Per quale motivo non sono in grado di fare una cosa?
Ho paura di... mi puoi aiutare? Mi può aiutare?
Con solo le parole si possono risolvere dei problemi?
Non mi piacciono i  medici, so che voi siete diversi. E' vero?
Non è che riempite la testa di balle, di frottole, di parole campate in aria?
Leggete nella mente?
Tu che hai studiato (se c'è confidenza) lei che ha studiato (se la confidenza è ancora da venire) avete già capito tutto di me?
Cosa vuol dire..
Non lo so proviamo?
Quanto dura la cura?
Bisogna stendersi su un lettino?
Su un letto?
Lei è dietro, tu sei dietro? (vedi sopra riguardo il grado di confidenza)

Bene. Queste sono solo alcune delle molte domande che ci troviamo ad affrontare solo prima di intraprendere un percorso di sostegno o di cura. Ci si confronta con la diffidenza, comprensibile delle persone, della gente che soffre è ha bisogno di aiuto. Il dolore e lo sconforto, prima di arrivare nello studio, arriva qui, nel primo contatto. Non importa il mezzo di espressione, sia esso una telefonata, un messaggio, una mail, nell'era della tecnica, il mezzo viene meno, rimane il contenuto, il significante. Cogliere questa dimensione, senza pregiudizi è importante per dare la giusta collocazione alla richiesta d'aiuto: che cosa ci sta dicendo la persona con "lei è dietro"?
Con "leggete nella mente?" Indipendentemente dalla nostra risposta, che se non è banale ovvero sminuente, è sempre valida e autentica, la domanda apre la porta dello studio. Da inizio alla conoscenza reciproca, alla possibilità di aiuto. 
Proviamo, noi specialisti, a prestare maggiore attenzione alle domande che possono risuonare scontate o, perchè no, bislacche, perchè ci dicono già qualcosa di chi abbiamo di fronte. Se poi il rapporto si tradurrà in operatività concretizzandosi in un percorso, allora si proseguirà insieme, altrimenti resterà comunque uno scambio che ci porteremo dietro per noi. Del resto se una persona ci chiede una cosa, l'ha sentita e l'ha fatta sua, ed ora la ripropone a noi. 
Padroneggiare uno scambio con chi cerca aiuto, forse ancora in modo inconsapevole, ancora prima di varcare le soglie dello studio è indispensabile per strutturare in seguito il cammino.

Concludo con questa citazione di Luciano De Crescenzo:

"il Punto Interrogativo è il simbolo del Bene, così come quello Esclamativo è il simbolo del Male. Quando sulla strada vi imbattete nei Punti Interrogativi, nei sacerdoti del Dubbio positivo, allora andate sicuro che sono tutte brave persone, quasi sempre tolleranti, disponibili e democratiche. Quando invece incontrate i Punti Esclamativi, i paladini delle Grandi Certezze, i puri dalla Fede incrollabile, allora mettevi paura perché la Fede molto spesso si trasforma in violenza".

Del resto è affascinante lasciare il campo aperto, avere ancora dubbi, perchè avere troppe certezze nel nostro lavoro può essere, se non pericoloso, sicuramente demotivante.


Una storia attuale

In una calda mattina d'estate, Elena si recò nello studio del dottor Rossi. Da mesi, forse anni, lottava contro ansia e stress, e immagi...