sabato 14 settembre 2024

Riflessioni Post-Seduta






Nel mondo della terapia psicologica, il successo del percorso dipende da una combinazione di fattori, tra cui l'efficacia della relazione terapeutica, la capacità di affrontare le difficoltà emotive e, soprattutto, la motivazione del paziente al cambiamento. Un aspetto cruciale, ma spesso trascurato, è ciò che avviene tra le sedute, quando il paziente ha il compito di riflettere e mettere in pratica quanto emerso durante la terapia. È proprio in questo contesto che ho sviluppato una pratica clinica che si è rivelata estremamente efficace: le riflessioni post-seduta.

Questo metodo, che ho ideato personalmente dopo aver osservato risultati più che soddisfacenti nei miei pazienti, consiste nell'invio di un resoconto approfondito della seduta, contenente pensieri, riflessioni e collegamenti tra i temi trattati. È uno strumento che non solo mantiene viva l'attenzione sul percorso terapeutico, ma favorisce una profonda rielaborazione dei contenuti emersi e sostiene la motivazione al cambiamento. In questo articolo esplorerò in dettaglio le ragioni per cui questo strumento si è dimostrato tanto efficace, e come può essere integrato con successo nel lavoro clinico.

Cos'è la Riflessione Post-Seduta?

La riflessione post-seduta è un feedback strutturato che invio al paziente dopo ogni incontro. A differenza di un semplice riassunto, si tratta di una rielaborazione approfondita della seduta, in cui analizzo attentamente quanto emerso, identifico connessioni tra i temi trattati e fornisco spunti per ulteriori riflessioni. Il contenuto del rimando è adattato alle esigenze individuali del paziente e viene studiato per favorire la continuità del lavoro terapeutico.

Ad esempio, se durante la seduta un paziente ha manifestato difficoltà nel gestire l'ansia legata a una situazione specifica, nel rimando post-seduta non mi limito a ripetere quanto detto, ma invio riflessioni su come l'ansia si collega ad altri aspetti della vita del paziente, suggerendo strategie concrete per affrontarla. Questo strumento permette al paziente di riflettere con maggiore calma e chiarezza su quanto emerso, mantenendo la connessione emotiva e cognitiva con il lavoro terapeutico anche al di fuori della seduta.

Perché Ho Creato Questo Strumento?

L'idea di implementare le riflessioni post-seduta è nata da un'esigenza concreta che ho riscontrato nel mio lavoro clinico. Mi sono accorto che molti pazienti, soprattutto quelli che affrontavano tematiche complesse come l'ansia cronica, la depressione o i disturbi emotivi, avevano difficoltà a mantenere la riflessione sui temi trattati nel corso delle sedute. Spesso si perdevano nei giorni successivi, rischiando di perdere il focus o di non cogliere le connessioni tra le tematiche trattate e la loro vita quotidiana.

Per rispondere a questa esigenza, ho cominciato a sperimentare l'invio di resoconti post-seduta, notando subito un impatto positivo. I pazienti non solo si sentivano più supportati e coinvolti, ma erano anche in grado di mantenere alta la motivazione e di lavorare attivamente sui temi emersi. La continuità del pensiero terapeutico e la chiarezza sui passi successivi del percorso hanno prodotto risultati che si sono rivelati costanti e duraturi nel tempo.

Riflessioni Post-Seduta e Motivazione al Cambiamento

Un elemento centrale nel successo di questo approccio è il suo impatto sulla motivazione al cambiamento, un tema esplorato da David H. Barlow nel suo Protocollo Unificato per il Trattamento Transdiagnostico dei Disturbi Emotivi. Barlow sottolinea come il mantenimento della motivazione sia una sfida cruciale, soprattutto nel trattamento di disturbi emotivi come ansia, depressione o disturbi dell'umore, dove i progressi possono sembrare lenti e le ricadute frequenti.

Le riflessioni post-seduta si sono rivelate uno strumento efficace per sostenere la motivazione proprio in questi momenti critici. Ogni resoconto rappresenta una sorta di "rinnovo" dell'impegno terapeutico, un promemoria concreto dei progressi fatti e delle aree su cui lavorare. Questo rinforzo costante aiuta i pazienti a non perdersi nei momenti di difficoltà, ricordando loro il valore del lavoro intrapreso e offrendo strategie concrete per continuare il cambiamento.

Inoltre, il rimando permette di fare una "revisione" dei comportamenti e delle emozioni del paziente, evidenziando come anche piccoli passi avanti abbiano un grande valore nel processo di cambiamento. Questo focus sui progressi, per quanto minimi, stimola la percezione di autoefficacia, un fattore cruciale per il mantenimento della motivazione a lungo termine.

Rafforzare il Focus sul Percorso Terapeutico

Oltre a mantenere alta la motivazione, le riflessioni post-seduta svolgono un'altra funzione essenziale: aiutano a mantenere il focus sugli obiettivi terapeutici. Nei percorsi di terapia, è comune che le tematiche affrontate siano molteplici e complesse, e che il paziente, tra una seduta e l’altra, possa sentirsi confuso o perdere il filo del discorso.

Le riflessioni inviate al termine di ogni incontro fungono da "ancora" che tiene il paziente legato agli obiettivi principali del trattamento. Ogni riflessione post-seduta viene scritta con l'intento di riorganizzare e chiarire i punti chiave affrontati, collegando le diverse tematiche tra loro e fornendo indicazioni su come continuare a lavorare sui temi principali. In questo modo, il paziente non solo si sente accompagnato nel processo, ma ha anche una direzione chiara da seguire tra le sedute, riducendo il rischio di dispersione o confusione.

Ad esempio, se durante una seduta emerge un tema legato all’autostima e alle relazioni interpersonali, il resoconto post-seduta aiuta a stabilire connessioni tra questi aspetti e gli obiettivi terapeutici più ampi. Questo permette al paziente di rimanere focalizzato sulle priorità del trattamento, evitando di essere sopraffatto da emozioni o pensieri secondari.

Risultati Osservati

L'adozione di questo approccio ha prodotto risultati molto soddisfacenti sia a livello di coinvolgimento del paziente, sia in termini di efficacia terapeutica complessiva. I pazienti che hanno ricevuto le riflessioni post-seduta hanno mostrato un maggiore grado di consapevolezza rispetto al loro percorso, una maggiore capacità di riflessione autonoma e, soprattutto, una continuità nel processo terapeutico che ha portato a progressi più stabili.

Uno degli aspetti che ha particolarmente sorpreso è stato il grado di auto-riflessione sviluppato dai pazienti. Le riflessioni post-seduta sembrano stimolare un pensiero critico che permette al paziente di auto-monitorarsi con più efficacia, diventando più consapevole delle proprie dinamiche interne anche nei momenti lontani dalla terapia. Questo ha facilitato un passaggio da una dipendenza dal terapeuta a una maggiore autonomia nel proprio processo di cambiamento, contribuendo a un miglioramento del senso di autoefficacia.

Sfide e Precauzioni

Nonostante i risultati positivi, l'uso delle riflessioni post-seduta richiede alcune precauzioni. È importante che i resoconti siano sempre mirati e chiari, per evitare che il paziente si senta sopraffatto da troppe informazioni. Il linguaggio utilizzato deve essere accessibile e in sintonia con le capacità di comprensione del paziente, evitando tecnicismi eccessivi o riflessioni troppo complesse.

Inoltre, è essenziale che il rimando sia percepito dal paziente come un supporto, e non come un compito obbligatorio o un'ulteriore pressione. L'obiettivo è che il paziente si senta accompagnato e sostenuto nel processo di riflessione, senza sentirsi giudicato o in ansia per dover rispondere alle aspettative del terapeuta.

Conclusione

Le riflessioni post-seduta rappresentano uno strumento potente per sostenere la motivazione e mantenere il focus nel percorso terapeutico. Grazie a questo metodo, i pazienti possono continuare a riflettere e lavorare su se stessi anche al di fuori delle sedute, favorendo una maggiore continuità e profondità nel processo di cambiamento. I risultati più che soddisfacenti osservati nei miei pazienti confermano l'efficacia di questo approccio, che si sta dimostrando una risorsa preziosa per promuovere il benessere psicologico in modo personalizzato e costante


venerdì 6 settembre 2024

La debolezza del pensare positivo






Negli ultimi anni, la cultura del "pensiero positivo" ha guadagnato una vasta popolarità, promossa da libri di auto-aiuto, corsi di crescita personale e numerosi influencer. L’idea che basti "pensare positivo" per risolvere ogni difficoltà personale e psicologica è diventata quasi una verità indiscussa in molte correnti del pensiero popolare. Tuttavia, la **Terapia dell’Accettazione e dell’Impegno (ACT)**, una delle terapie più innovative nel campo della psicologia cognitivo-comportamentale, critica in modo diretto questo approccio semplicistico. Il pensiero positivo, se preso come unica soluzione, non solo ignora la complessità delle emozioni umane, ma può anche peggiorare le sofferenze psicologiche di una persona, creando aspettative irrealistiche e innescando un ciclo di evitamento delle esperienze difficili.


Il "Pensare Positivo" e il Problema della Soppressione delle Emozioni Negative


Una delle principali critiche della **ACT** all’approccio del pensiero positivo è che spesso incoraggia le persone a sopprimere o negare le emozioni negative. La società odierna tende a dare molta enfasi all'idea di essere sempre felici, sereni e proiettati verso obiettivi positivi, ma questo messaggio può risultare controproducente.


Secondo l’ACT, tutte le emozioni, sia positive che negative, fanno parte dell’esperienza umana e hanno un ruolo importante nella nostra vita. La rabbia, la tristezza, la paura e la frustrazione non sono emozioni da eliminare o da evitare, ma segnali naturali che ci aiutano a comprendere meglio il nostro mondo interiore e a orientarci nelle nostre scelte di vita. Ignorarle o cercare di "pensare positivo" a tutti i costi può portare a una soppressione delle emozioni che, a lungo termine, amplifica il disagio. 


La ricerca in psicologia mostra chiaramente che cercare di sopprimere pensieri e sentimenti negativi tende a farli ritornare con maggiore intensità. Questo fenomeno, noto come **effetto di rimbalzo** o "ironia cognitiva", implica che più cerchiamo di non pensare a qualcosa (ad esempio, alla nostra ansia), più quel pensiero ritorna. La soppressione emotiva, quindi, può innescare un ciclo di sofferenza, poiché il tentativo di evitare l'esperienza negativa finisce per amplificare l'importanza di ciò che si sta cercando di evitare.


Accettazione delle Emozioni nel Contesto dell'ACT

In contrasto con il pensiero positivo, l'ACT si basa sul concetto di **accettazione** delle emozioni. Invece di cercare di eliminare o modificare i pensieri e le emozioni negativi, l'ACT insegna a **riconoscerli**, **accettarli** e a lasciare che esistano senza che questi governino il nostro comportamento.


Un concetto centrale dell'ACT è quello della **defusione cognitiva**, che insegna a vedere i pensieri per ciò che sono: semplici eventi mentali, e non verità assolute. Ad esempio, se una persona ha il pensiero "sono un fallito", l’ACT incoraggia a riconoscere che questo è solo un pensiero, non una realtà oggettiva. Piuttosto che cercare di sostituire quel pensiero con uno positivo ("sono una persona di successo"), si lavora per accettare che tutti, in certi momenti, possano avere pensieri negativi. La chiave è riconoscerli e non far sì che controllino le nostre azioni.


L’Illusione del Controllo Totale

Il pensiero positivo spesso si basa sull’idea che abbiamo il controllo assoluto sui nostri stati mentali. Secondo questa logica, se pensi positivamente, avrai una vita positiva. Tuttavia, la realtà psicologica è ben più complessa. Molte delle nostre emozioni, reazioni e pensieri sono automatici e non sono soggetti a un controllo diretto. L’ACT riconosce questo e sottolinea che l’accettazione della realtà, anche quella che non possiamo controllare, è fondamentale per il benessere psicologico.


Il tentativo di controllare pensieri ed emozioni attraverso il pensiero positivo può condurre a frustrazione, perché ci mette davanti all’impossibilità di eliminare completamente pensieri negativi e stress. La **frustrazione** nasce dall’aspettativa irrealistica di poter essere sempre felici o sereni, mentre l’accettazione promossa dall'ACT incoraggia a vivere pienamente, anche quando ci si confronta con emozioni difficili.


Il Fraintendimento della Sofferenza Umana

Il pensiero positivo tende a presentare la sofferenza come una sorta di errore o come qualcosa che si può correggere con un cambio di mentalità. Ma la sofferenza fa parte della condizione umana, e negare questa realtà può portare a sensi di colpa e vergogna quando, nonostante tutti gli sforzi, i pensieri negativi e la sofferenza persistono. La società moderna, con l'enfasi su prestazioni, successo e felicità costante, alimenta un mito pericoloso: quello che una vita senza difficoltà è una vita "normale" e che il disagio sia un'anomalia da correggere.


L'ACT affronta questo mito in modo diretto: invece di vedere la sofferenza come un errore da correggere, incoraggia le persone a riconoscere che la sofferenza è naturale e che l’obiettivo non è eliminarla, ma imparare a viverci accanto senza esserne dominati. Accettare la sofferenza significa riconoscere che alcune parti della vita saranno sempre difficili, ma che possiamo comunque agire in modi che riflettono i nostri valori e le nostre aspirazioni.


L'Importanza dei Valori, non del Positivismo Forzato

Invece di concentrarsi sul pensiero positivo, l'ACT pone l'accento su ciò che è davvero importante per una persona: i suoi **valori**. Spesso, nel tentativo di evitare emozioni e pensieri negativi, le persone smettono di fare cose che sono in linea con i loro valori più profondi. Ad esempio, qualcuno che ha paura di fallire potrebbe evitare di perseguire obiettivi lavorativi importanti, anche se una carriera di successo è ciò che desidera veramente. L’ACT incoraggia a riconoscere le paure, accettarle e poi comunque agire in modo coerente con i propri valori.


Il pensiero positivo, d’altra parte, può promuovere un’idea irrealistica di felicità, come se bastasse “pensare” in modo giusto per ottenere ciò che si desidera. Questa visione trascura la complessità della vita e delle scelte che affrontiamo quotidianamente. La vera crescita psicologica, secondo l'ACT, avviene quando una persona è in grado di agire in modo coerente con i propri valori, anche quando questo comporta disagi e incertezze.


La Superficialità del Pensiero Positivo

In definitiva, l’idea che basti "pensare positivo" per risolvere i problemi psicologici è non solo semplicistica, ma anche potenzialmente dannosa. Essa ignora la complessità dell’esperienza umana, che include emozioni difficili e inevitabili momenti di sofferenza. La **Terapia dell’Accettazione e dell’Impegno (ACT)** propone una visione più realistica e compassionevole della sofferenza umana, promuovendo l’accettazione di tutte le emozioni e l’impegno verso una vita guidata dai propri valori, non dalla ricerca di una felicità forzata e illusoria.

Teresa

L’ansia spesso ci appare come un ostacolo insormontabile, un segnale che qualcosa di terribile sta per accadere.  Ci immobilizza, ci fa per...