lunedì 7 marzo 2022

L'evitamento è dove meno te lo aspetti


Ci sono concetti, teorie, tecniche e aneddoti che non mi stancherò mai di ripetere, perché per quanto possano sembrare scontati o lapalissiani, in realtà fanno tutta la differenza.

Prendiamo l'evitamento. Si è così, ne ho parlato molte volte, ma è importante ripetersi ogni qual volta un argomento è di grande portata. 

Parliamo ovviamente di evitamento esperienziale, ossia quell’insieme di strategie che mettiamo in atto con lo scopo di controllare e/o alterare le nostre esperienze interne (pensieri, emozioni, sensazioni o ricordi), anche quando ciò causa un danno comportamentale.e

Pensi di avere tutto sotto controllo, di non utilizzare questa modalità quando ti trovi ad affrontare delle situazioni difficili, ma quando si tratta di passare infine alla pratica ti senti, quantomeno, spaesato. 

Succede di conseguenza, che un passo lungo la strada del cambiamento attivo, si perde o viene a mancare, magari proprio quello determinante, che farebbe la differenza fra cambiare e rimanere tali.

E quel passo non è sempre lo stesso, è può assumere forme diverse, come tentativi per controllare l'ansia, pensieri per controllare altri pensieri, come il rimugino, cercare in tutti i modi di non pensare o di non ricordare un dolore tramite comportamenti dannosi e disfunzionali.

Ecco perché hai bisogno di un metodo solido e di comprovata efficacia, che ti aiuti ogni singolo passo che devi fare e, soprattutto, che ti dia dei riscontri in termini di risultati. 

Sì, perché è seguendo passo passo quanto si apprende nei percorsi di cambiamento psicologico e applicando, che si può trovare delle alternative all'evitamento. 

Quell' evitamento esperienziale appunto, che si concretizza anche nei tentativi di fuga o di controllo dell’esperienza esterna, come evitare situazioni ansiogene, evitare i conflitti o l’espressione della rabbia.

Quindi che alternativa abbiamo all’evitamento esperienziale?

Il corrispettivo funzionale dell' evitamento è aprirsi all'esperienza. 

Per fare questo, serve un percorso di psicologia, dove poter acquisire delle abilità, vale a dire un modello che faccia compiere una serie di azioni ben precise.

Azioni finalizzate al lasciare spazio. 

Verso cosa dovremmo, quindi, lasciare spazio? 

Alle emozioni dolorose, ai pensieri dannosi che ogni giorno la nostra mente ci propone, agli impulsi e ai ricordi dolorosi. 

Faccio due esempi per renderti meglio l’idea e farti capire la differenza tra fare un percorso e non darlo nell'affrontare una difficoltà come l'ansia:

  1. Senza percorso: il signor Rossi ha molta ansia ogni volta che deve andare in un luogo affollato. Cosa fa? Fugge, razionalizza, ignora, iperspiega insomma, cercando con tutte le forze di allontanare ciò che per noi è doloroso e che riteniamo insopportabile.
  2. Con il percorso: il signor Bianchi ha un problema simile, ma ha deciso di affrontarlo attraverso un percorso psicologico. In questo modo, potrà imparare a non giudicare le nostre esperienze interne (ed esterne) con uno sguardo malevolo accogliendo  gli stati emotivi e dar loro l’importanza “informativa” che meritano e indebolendo il potere dei pensieri sul nostro comportamento e sulla nostra esperienza quotidiana.

Ed è importante almeno avere una buona informazione, chiara e precisa circa le caratteristiche di questi percorsi, perché succede sempre che anche se ti sembra di sapere tutto, quando poi ti trovi in difficoltà, oppure devi fare una scelta, molte volte, non sai che pesci prendere.

Ancora più informazioni qui:

imisir@hotmail.it 

3478721360 


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