venerdì 15 novembre 2024

Teresa






L’ansia spesso ci appare come un ostacolo insormontabile, un segnale che qualcosa di terribile sta per accadere. 

Ci immobilizza, ci fa perdere lucidità e, a volte, ci porta a vedere il rischio in ogni passo. In terapia, si lavora per affrontare l’ansia in modo pratico: non cercando di eliminarla, ma imparando a gestirla e a conviverci.

“Theresa cade salendo le scale, Theresa cade scendendo le scale”.

Gli errori e le cadute nella vita sono inevitabili.

Proviamo ad utilizzare questo mantra per iniziare a gestire l’ansia. 

La storia di Marco

Un paziente alle prese con l’ansia paralizzante

Marco (nome di fantasia), 32 anni, si siede sulla poltrona per la sua quarta seduta. È visibilmente teso: le mani si stringono l’una sull’altra, il respiro è corto, e gli occhi vagano per lo studio.

Guarda i quadri dello studio.

“Dottore, non so come fare. Ho questa riunione al lavoro la prossima settimana e mi sento già sopraffatto. Ogni volta che penso a quello che potrebbe andare storto, mi blocco. Mi sembra di camminare su una fune, con il rischio di cadere da un momento all’altro.”

Lo ascolto. 

So che Marco vive l’ansia come un costante bisogno di controllo: il timore di sbagliare e il desiderio di prevedere ogni possibile problema lo portano a uno stato di perenne agitazione.

“Capisco quanto sia difficile per te questo momento. Posso proporti qualcosa di diverso oggi?” 

“Vorrei raccontarti una breve storia che potrebbe aiutarti a vedere le cose da una prospettiva diversa.”

C’era una volta Theresa. Ogni giorno saliva le scale di casa sua, e ogni giorno scendeva. 

Ma un giorno, salendo, Theresa inciampò e cadde.

Passarono dei giorni, e Theresa, riprendendo la routine, cadde nuovamente mentre scendeva. 

Theresa cade salendo le scale, Theresa cade scendendo le scale.”

Marco sorride leggermente, ma rimane confuso. “Va bene… e quindi?” 

Rispondo 

Questa storia ci insegna è che non importa se stiamo salendo o scendendo, il rischio di cadere c’è sempre. 

Ma cadere non è la fine: è solo una parte del percorso. 

Marco riflette. 

La semplicità della storia inizia a mettere in dubbio la rigidità dei tuoi pensieri.

“Ma io non voglio cadere,” risponde Marco, “è questo che mi terrorizza.”

“Nessuno vuole cadere. Ma la vita non è fatta solo di passi sicuri. A volte inciampiamo, e questo non significa che abbiamo fallito.”

“Significa solo che stiamo camminando.”


sabato 14 settembre 2024

Riflessioni Post-Seduta






Nel mondo della terapia psicologica, il successo del percorso dipende da una combinazione di fattori, tra cui l'efficacia della relazione terapeutica, la capacità di affrontare le difficoltà emotive e, soprattutto, la motivazione del paziente al cambiamento. Un aspetto cruciale, ma spesso trascurato, è ciò che avviene tra le sedute, quando il paziente ha il compito di riflettere e mettere in pratica quanto emerso durante la terapia. È proprio in questo contesto che ho sviluppato una pratica clinica che si è rivelata estremamente efficace: le riflessioni post-seduta.

Questo metodo, che ho ideato personalmente dopo aver osservato risultati più che soddisfacenti nei miei pazienti, consiste nell'invio di un resoconto approfondito della seduta, contenente pensieri, riflessioni e collegamenti tra i temi trattati. È uno strumento che non solo mantiene viva l'attenzione sul percorso terapeutico, ma favorisce una profonda rielaborazione dei contenuti emersi e sostiene la motivazione al cambiamento. In questo articolo esplorerò in dettaglio le ragioni per cui questo strumento si è dimostrato tanto efficace, e come può essere integrato con successo nel lavoro clinico.

Cos'è la Riflessione Post-Seduta?

La riflessione post-seduta è un feedback strutturato che invio al paziente dopo ogni incontro. A differenza di un semplice riassunto, si tratta di una rielaborazione approfondita della seduta, in cui analizzo attentamente quanto emerso, identifico connessioni tra i temi trattati e fornisco spunti per ulteriori riflessioni. Il contenuto del rimando è adattato alle esigenze individuali del paziente e viene studiato per favorire la continuità del lavoro terapeutico.

Ad esempio, se durante la seduta un paziente ha manifestato difficoltà nel gestire l'ansia legata a una situazione specifica, nel rimando post-seduta non mi limito a ripetere quanto detto, ma invio riflessioni su come l'ansia si collega ad altri aspetti della vita del paziente, suggerendo strategie concrete per affrontarla. Questo strumento permette al paziente di riflettere con maggiore calma e chiarezza su quanto emerso, mantenendo la connessione emotiva e cognitiva con il lavoro terapeutico anche al di fuori della seduta.

Perché Ho Creato Questo Strumento?

L'idea di implementare le riflessioni post-seduta è nata da un'esigenza concreta che ho riscontrato nel mio lavoro clinico. Mi sono accorto che molti pazienti, soprattutto quelli che affrontavano tematiche complesse come l'ansia cronica, la depressione o i disturbi emotivi, avevano difficoltà a mantenere la riflessione sui temi trattati nel corso delle sedute. Spesso si perdevano nei giorni successivi, rischiando di perdere il focus o di non cogliere le connessioni tra le tematiche trattate e la loro vita quotidiana.

Per rispondere a questa esigenza, ho cominciato a sperimentare l'invio di resoconti post-seduta, notando subito un impatto positivo. I pazienti non solo si sentivano più supportati e coinvolti, ma erano anche in grado di mantenere alta la motivazione e di lavorare attivamente sui temi emersi. La continuità del pensiero terapeutico e la chiarezza sui passi successivi del percorso hanno prodotto risultati che si sono rivelati costanti e duraturi nel tempo.

Riflessioni Post-Seduta e Motivazione al Cambiamento

Un elemento centrale nel successo di questo approccio è il suo impatto sulla motivazione al cambiamento, un tema esplorato da David H. Barlow nel suo Protocollo Unificato per il Trattamento Transdiagnostico dei Disturbi Emotivi. Barlow sottolinea come il mantenimento della motivazione sia una sfida cruciale, soprattutto nel trattamento di disturbi emotivi come ansia, depressione o disturbi dell'umore, dove i progressi possono sembrare lenti e le ricadute frequenti.

Le riflessioni post-seduta si sono rivelate uno strumento efficace per sostenere la motivazione proprio in questi momenti critici. Ogni resoconto rappresenta una sorta di "rinnovo" dell'impegno terapeutico, un promemoria concreto dei progressi fatti e delle aree su cui lavorare. Questo rinforzo costante aiuta i pazienti a non perdersi nei momenti di difficoltà, ricordando loro il valore del lavoro intrapreso e offrendo strategie concrete per continuare il cambiamento.

Inoltre, il rimando permette di fare una "revisione" dei comportamenti e delle emozioni del paziente, evidenziando come anche piccoli passi avanti abbiano un grande valore nel processo di cambiamento. Questo focus sui progressi, per quanto minimi, stimola la percezione di autoefficacia, un fattore cruciale per il mantenimento della motivazione a lungo termine.

Rafforzare il Focus sul Percorso Terapeutico

Oltre a mantenere alta la motivazione, le riflessioni post-seduta svolgono un'altra funzione essenziale: aiutano a mantenere il focus sugli obiettivi terapeutici. Nei percorsi di terapia, è comune che le tematiche affrontate siano molteplici e complesse, e che il paziente, tra una seduta e l’altra, possa sentirsi confuso o perdere il filo del discorso.

Le riflessioni inviate al termine di ogni incontro fungono da "ancora" che tiene il paziente legato agli obiettivi principali del trattamento. Ogni riflessione post-seduta viene scritta con l'intento di riorganizzare e chiarire i punti chiave affrontati, collegando le diverse tematiche tra loro e fornendo indicazioni su come continuare a lavorare sui temi principali. In questo modo, il paziente non solo si sente accompagnato nel processo, ma ha anche una direzione chiara da seguire tra le sedute, riducendo il rischio di dispersione o confusione.

Ad esempio, se durante una seduta emerge un tema legato all’autostima e alle relazioni interpersonali, il resoconto post-seduta aiuta a stabilire connessioni tra questi aspetti e gli obiettivi terapeutici più ampi. Questo permette al paziente di rimanere focalizzato sulle priorità del trattamento, evitando di essere sopraffatto da emozioni o pensieri secondari.

Risultati Osservati

L'adozione di questo approccio ha prodotto risultati molto soddisfacenti sia a livello di coinvolgimento del paziente, sia in termini di efficacia terapeutica complessiva. I pazienti che hanno ricevuto le riflessioni post-seduta hanno mostrato un maggiore grado di consapevolezza rispetto al loro percorso, una maggiore capacità di riflessione autonoma e, soprattutto, una continuità nel processo terapeutico che ha portato a progressi più stabili.

Uno degli aspetti che ha particolarmente sorpreso è stato il grado di auto-riflessione sviluppato dai pazienti. Le riflessioni post-seduta sembrano stimolare un pensiero critico che permette al paziente di auto-monitorarsi con più efficacia, diventando più consapevole delle proprie dinamiche interne anche nei momenti lontani dalla terapia. Questo ha facilitato un passaggio da una dipendenza dal terapeuta a una maggiore autonomia nel proprio processo di cambiamento, contribuendo a un miglioramento del senso di autoefficacia.

Sfide e Precauzioni

Nonostante i risultati positivi, l'uso delle riflessioni post-seduta richiede alcune precauzioni. È importante che i resoconti siano sempre mirati e chiari, per evitare che il paziente si senta sopraffatto da troppe informazioni. Il linguaggio utilizzato deve essere accessibile e in sintonia con le capacità di comprensione del paziente, evitando tecnicismi eccessivi o riflessioni troppo complesse.

Inoltre, è essenziale che il rimando sia percepito dal paziente come un supporto, e non come un compito obbligatorio o un'ulteriore pressione. L'obiettivo è che il paziente si senta accompagnato e sostenuto nel processo di riflessione, senza sentirsi giudicato o in ansia per dover rispondere alle aspettative del terapeuta.

Conclusione

Le riflessioni post-seduta rappresentano uno strumento potente per sostenere la motivazione e mantenere il focus nel percorso terapeutico. Grazie a questo metodo, i pazienti possono continuare a riflettere e lavorare su se stessi anche al di fuori delle sedute, favorendo una maggiore continuità e profondità nel processo di cambiamento. I risultati più che soddisfacenti osservati nei miei pazienti confermano l'efficacia di questo approccio, che si sta dimostrando una risorsa preziosa per promuovere il benessere psicologico in modo personalizzato e costante


venerdì 6 settembre 2024

La debolezza del pensare positivo






Negli ultimi anni, la cultura del "pensiero positivo" ha guadagnato una vasta popolarità, promossa da libri di auto-aiuto, corsi di crescita personale e numerosi influencer. L’idea che basti "pensare positivo" per risolvere ogni difficoltà personale e psicologica è diventata quasi una verità indiscussa in molte correnti del pensiero popolare. Tuttavia, la **Terapia dell’Accettazione e dell’Impegno (ACT)**, una delle terapie più innovative nel campo della psicologia cognitivo-comportamentale, critica in modo diretto questo approccio semplicistico. Il pensiero positivo, se preso come unica soluzione, non solo ignora la complessità delle emozioni umane, ma può anche peggiorare le sofferenze psicologiche di una persona, creando aspettative irrealistiche e innescando un ciclo di evitamento delle esperienze difficili.


Il "Pensare Positivo" e il Problema della Soppressione delle Emozioni Negative


Una delle principali critiche della **ACT** all’approccio del pensiero positivo è che spesso incoraggia le persone a sopprimere o negare le emozioni negative. La società odierna tende a dare molta enfasi all'idea di essere sempre felici, sereni e proiettati verso obiettivi positivi, ma questo messaggio può risultare controproducente.


Secondo l’ACT, tutte le emozioni, sia positive che negative, fanno parte dell’esperienza umana e hanno un ruolo importante nella nostra vita. La rabbia, la tristezza, la paura e la frustrazione non sono emozioni da eliminare o da evitare, ma segnali naturali che ci aiutano a comprendere meglio il nostro mondo interiore e a orientarci nelle nostre scelte di vita. Ignorarle o cercare di "pensare positivo" a tutti i costi può portare a una soppressione delle emozioni che, a lungo termine, amplifica il disagio. 


La ricerca in psicologia mostra chiaramente che cercare di sopprimere pensieri e sentimenti negativi tende a farli ritornare con maggiore intensità. Questo fenomeno, noto come **effetto di rimbalzo** o "ironia cognitiva", implica che più cerchiamo di non pensare a qualcosa (ad esempio, alla nostra ansia), più quel pensiero ritorna. La soppressione emotiva, quindi, può innescare un ciclo di sofferenza, poiché il tentativo di evitare l'esperienza negativa finisce per amplificare l'importanza di ciò che si sta cercando di evitare.


Accettazione delle Emozioni nel Contesto dell'ACT

In contrasto con il pensiero positivo, l'ACT si basa sul concetto di **accettazione** delle emozioni. Invece di cercare di eliminare o modificare i pensieri e le emozioni negativi, l'ACT insegna a **riconoscerli**, **accettarli** e a lasciare che esistano senza che questi governino il nostro comportamento.


Un concetto centrale dell'ACT è quello della **defusione cognitiva**, che insegna a vedere i pensieri per ciò che sono: semplici eventi mentali, e non verità assolute. Ad esempio, se una persona ha il pensiero "sono un fallito", l’ACT incoraggia a riconoscere che questo è solo un pensiero, non una realtà oggettiva. Piuttosto che cercare di sostituire quel pensiero con uno positivo ("sono una persona di successo"), si lavora per accettare che tutti, in certi momenti, possano avere pensieri negativi. La chiave è riconoscerli e non far sì che controllino le nostre azioni.


L’Illusione del Controllo Totale

Il pensiero positivo spesso si basa sull’idea che abbiamo il controllo assoluto sui nostri stati mentali. Secondo questa logica, se pensi positivamente, avrai una vita positiva. Tuttavia, la realtà psicologica è ben più complessa. Molte delle nostre emozioni, reazioni e pensieri sono automatici e non sono soggetti a un controllo diretto. L’ACT riconosce questo e sottolinea che l’accettazione della realtà, anche quella che non possiamo controllare, è fondamentale per il benessere psicologico.


Il tentativo di controllare pensieri ed emozioni attraverso il pensiero positivo può condurre a frustrazione, perché ci mette davanti all’impossibilità di eliminare completamente pensieri negativi e stress. La **frustrazione** nasce dall’aspettativa irrealistica di poter essere sempre felici o sereni, mentre l’accettazione promossa dall'ACT incoraggia a vivere pienamente, anche quando ci si confronta con emozioni difficili.


Il Fraintendimento della Sofferenza Umana

Il pensiero positivo tende a presentare la sofferenza come una sorta di errore o come qualcosa che si può correggere con un cambio di mentalità. Ma la sofferenza fa parte della condizione umana, e negare questa realtà può portare a sensi di colpa e vergogna quando, nonostante tutti gli sforzi, i pensieri negativi e la sofferenza persistono. La società moderna, con l'enfasi su prestazioni, successo e felicità costante, alimenta un mito pericoloso: quello che una vita senza difficoltà è una vita "normale" e che il disagio sia un'anomalia da correggere.


L'ACT affronta questo mito in modo diretto: invece di vedere la sofferenza come un errore da correggere, incoraggia le persone a riconoscere che la sofferenza è naturale e che l’obiettivo non è eliminarla, ma imparare a viverci accanto senza esserne dominati. Accettare la sofferenza significa riconoscere che alcune parti della vita saranno sempre difficili, ma che possiamo comunque agire in modi che riflettono i nostri valori e le nostre aspirazioni.


L'Importanza dei Valori, non del Positivismo Forzato

Invece di concentrarsi sul pensiero positivo, l'ACT pone l'accento su ciò che è davvero importante per una persona: i suoi **valori**. Spesso, nel tentativo di evitare emozioni e pensieri negativi, le persone smettono di fare cose che sono in linea con i loro valori più profondi. Ad esempio, qualcuno che ha paura di fallire potrebbe evitare di perseguire obiettivi lavorativi importanti, anche se una carriera di successo è ciò che desidera veramente. L’ACT incoraggia a riconoscere le paure, accettarle e poi comunque agire in modo coerente con i propri valori.


Il pensiero positivo, d’altra parte, può promuovere un’idea irrealistica di felicità, come se bastasse “pensare” in modo giusto per ottenere ciò che si desidera. Questa visione trascura la complessità della vita e delle scelte che affrontiamo quotidianamente. La vera crescita psicologica, secondo l'ACT, avviene quando una persona è in grado di agire in modo coerente con i propri valori, anche quando questo comporta disagi e incertezze.


La Superficialità del Pensiero Positivo

In definitiva, l’idea che basti "pensare positivo" per risolvere i problemi psicologici è non solo semplicistica, ma anche potenzialmente dannosa. Essa ignora la complessità dell’esperienza umana, che include emozioni difficili e inevitabili momenti di sofferenza. La **Terapia dell’Accettazione e dell’Impegno (ACT)** propone una visione più realistica e compassionevole della sofferenza umana, promuovendo l’accettazione di tutte le emozioni e l’impegno verso una vita guidata dai propri valori, non dalla ricerca di una felicità forzata e illusoria.

venerdì 21 giugno 2024

Come un detective







Immagina di avere un pensiero che gironzola nella tua testa.


Questo pensiero ti fa sentire a volte un po’ triste e a volte un po’ preoccupato. 

A volte, questi pensieri sono come piccoli indovinelli che nascondono qualcosa di più grande e importante sotto di loro. 

Cosa puoi fare per scoprirli? 

Puoi trasformarti in un detective e andare a trovare gli indizi! 

Prendi una torcia per illuminare dove stai indagando! 

La torcia ti aiuterà a scoprire cosa c'è sotto questi pensieri, proprio come un detective che risolve un mistero.

Partenza! 

Immagina che ogni pensiero sia come una corda calata in un pozzo. 

Questa punta verso il basso, verso un pensiero più profondo. 

Continuando a seguire la corda, puoi arrivare al pensiero più importante, che potrebbe essere quello che ti fa davvero preoccupare. 

Per trovare questo pensiero però, devi farti delle domande! 

Proprio come Sherlock Holmes! 

Queste domande ti aiutano a capire meglio cosa c'è sotto il primo pensiero.

Ti faccio un esempio. 

Supponiamo che tu abbia fatto un errore nei compiti e pensi:

"Mia madre scoprirà l'errore e si arrabbierà molto con me."

Ma ecco la prima domanda: 

Se questo fosse vero, cosa significherebbe per me?

Mah.. potresti dire: “Significherebbe che mia madre potrebbe punirmi”. 

Di nuovo… Se questo fosse vero, cosa significherebbe per me?
   
Che diresti?… "Non mi farà andare in gita."

E di nuovo ancora… Se questo fosse vero, cosa significherebbe per me? 
 
Immagino diresti… “Non sono una brava figlia a scuola”.
   
E ci risiamo… Se questo fosse vero, cosa significherebbe per me?

Penso azzarderesti… “Non sono brava come mia sorella”

Come vedi, partendo dal pensiero "mia madre scoprirà l'errore e si arrabbierà molto con me", abbiamo seguito la corda nel pozzo verso il basso e abbiamo scoperto che il pensiero più profondo è "non sono brava come mia sorella”.

Questo è il pensiero che ti preoccupa realmente! 

Come un detective usando questa tecnica, puoi indagare sui tuoi pensieri e scoprire cosa ti preoccupa davvero.

Buona indagine

venerdì 10 maggio 2024

La villa in collina

 








Sara è una ragazza di 22 anni, con un destino che sembra già scritto nelle stelle, o meglio, nelle equazioni e teoremi che ha imparato ad amare. Originaria di Genova, si è trasferita a Torino due anni fa, attratta non solo dalla facoltà di matematica che frequenta, ma anche dalla vita culturale vibrante e dall'architettura storica che la città offre.

Abita in un piccolo appartamento situato nella zona di via Valsalice, una zona che coniuga la tranquillità residenziale con la vicinanza al cuore pulsante di Torino. Il suo appartamento, sebbene modesto nelle dimensioni, è arredato con uno stile che riflette la sua personalità: elegante ma funzionale, ogni oggetto ha il suo posto e ogni angolo racconta una storia, dagli scaffali pieni di libri di matematica ad artefatti raccolti nei mercatini locali, testimoni silenziosi del suo spirito avventuroso.

 

Per mantenersi gli studi, Sara lavora in una libreria di libri antichi in Piazza Vittorio, un luogo che sembra uscito da un romanzo di altri tempi dove ogni libro custodisce segreti del passato. L'ambiente antico e polveroso è il suo regno, dove si muove tra le pagine ingiallite con una naturalezza e una familiarità che sorprendono i collezionisti più esigenti. La sua passione per la matematica si intreccia con l'amore per il mistero e la storia, facendo di lei un'impiegata preziosa, capace di scovare rarità nascoste tra gli scaffali.

 

Il suo grande sogno, tuttavia, va oltre i confini della città e si proietta verso orizzonti scientifici di rilievo internazionale: Sara aspira a lavorare al Cern di Ginevra. La sua fascinazione per le particelle subatomiche e le forze fondamentali dell'universo è pari solo alla sua bravura in matematica. Considerata da molti professori del liceo, nonché dagli attuali docenti un genio nel suo campo, Sara ha una mente analitica eccezionale, capace di decifrare i problemi più complessi con un'intuizione e una creatività che lasciano i suoi professori ammirati e a volte persino sbalorditi.

 

Questo mix di talento innato, passione incrollabile per la matematica e determinazione nel perseguire i suoi obiettivi fa di Sara una forza della natura. Nel suo piccolo appartamento, tra i libri di algebra e gli appunti sparsi, si disegna il futuro di una mente brillante, pronta a decifrare non solo i misteri nascosti nei testi antichi ma anche quelli dell'universo stesso.

Era un caldo pomeriggio di agosto, uno di quelli in cui l'aria sembra tremolare sotto il peso del sole. Sara, approfittando di una pausa dal lavoro, aveva deciso di fare una passeggiata. La città, in quel periodo dell’anno, le sembrava incredibilmente silenziosa, come se tutti i suoi abitanti avessero deciso di rifugiarsi lontano dal calore opprimente.

Passando in Via Crimea, i suoi occhi vennero catturati da una villa in stile liberty che le tolse il fiato.

L'edificio, con le sue linee eleganti e il giardino rigoglioso ma trascurato, emanava un fascino misterioso. Fu in quel preciso momento che Sara si ricordò di un ritaglio di articolo di giornale che aveva trovato giorni prima, nascosto tra le pagine di un vecchio tomo durante il lavoro. L'articolo parlava di un mistero legato proprio a quella villa, menzionando storie di segreti nascosti tra le sue mura che nessuno era mai riuscito a svelare.

Mentre osservava la struttura, avvolta in un'atmosfera di solitudine, un tram vuoto passò lentamente lungo la via, il suo rumore era un flebile sottofondo che sembrava l'unico segno di vita in tutto il quartiere. L'assenza di persone intorno, unita al silenzio quasi surreale, contribuiva a rendere l'atmosfera ancora più carica di fascino e curiosità.

Sara sentì crescere dentro di sé un'irresistibile attrazione verso il mistero della villa.

La sua mente analitica, abituata a trovare soluzioni ai problemi più complessi, ora si trovava di fronte ad una storia che la stimolava a un livello completamente diverso.

Nonostante il caldo soffocante, decise di avvicinarsi al cancello per osservare meglio l'edificio e il suo giardino abbandonato, dove le erbacce lottavano per spazio tra le crepe del vialetto e le rose selvatiche si arrampicavano indisturbate sui muri esterni.

Il giardino era comunque di una malinconica bellezza, testimone silente di un passato in cui esuberanza e cura ne avevano delineato ogni angolo. Un tempo, i suoi sentieri erano bordati da eleganti aiuole di rose inglesi, il cui profumo dolce e penetrante si mescolava armoniosamente all'aroma pungente dei gelsomini rampicanti, importati con cura da terre lontane. Magnolie dalle maestose fioriture bianche e rosa si elevavano superbe, creando un tetto naturale che nelle giornate di sole filtrava la luce in un gioco di ombre e luci danzanti. Palme esotiche e felci di dimensioni colossali, magari raccolte da esploratori di terre lontane, aggiungevano un tocco di mistero e avventura, evocando immagini di giungle inesplorate e terre selvagge.

 

Nel cuore del giardino, un piccolo laghetto artificiale, un tempo dimora di ninfee dai colori vivaci e pesci koi, giaceva ora trascurato, le sue acque diventate torbide, coperte da un tappeto di alghe.

Le statue di marmo, che un tempo adornavano il giardino raccontando storie mitologiche tra le loro forme eterne, erano ormai erose dagli elementi, coperte di muschio e licheni, come se la natura stessa avesse deciso di reclamare ciò che l'uomo le aveva tolto.

Malgrado il suo stato di abbandono, il giardino conservava ancora tracce della sua antica magnificenza. I colori sfumati dei petali, il verde intenso delle foglie che ancora resistevano al tempo, e il canto sommesso degli uccelli che avevano fatto di quel luogo la loro dimora, parlavano di una bellezza che, seppur offuscata dal tempo, non aveva perso il suo potere di incantare.

Era come se, in mezzo al disordine e al declino, il giardino sussurrasse ancora storie di giorni lontani, quando era stato un piccolo eden sulla terra, un luogo di incontro tra l'uomo e la natura in una danza di creatività e bellezza senza tempo.

Con il cuore che batteva forte, Sara guardò attraverso le sbarre del cancello, cercando di cogliere qualsiasi dettaglio che potesse dare indizi sulle storie nascoste dietro quelle mura. L'articolo non entrava nei dettagli, ma suggeriva che la villa fosse stata teatro di eventi inspiegabili, forse legati alla sua costruzione o ai suoi precedenti proprietari.

In quel momento di riflessione, Sara si rese conto che, se voleva scoprire qualcosa di più, avrebbe dovuto iniziare delle archeologiche indagini, che l’avrebbero condotta nella storia della villa a cercare vecchi archivi, parlare con gli abitanti del quartiere, forse addirittura trovare un modo per entrare.

Mentre si allontanava, il sole cominciava a calare, tingendo il cielo di arancio e rosa. Sara sapeva che quello era solo l'inizio di una ricerca che avrebbe potuto svelare molto più di quanto potesse immaginare. Il mistero della villa in stile liberty di Via Crimea aveva appena iniziato a rivelarsi, e lei era determinata a seguirne ogni traccia, ovunque la conducesse.

venerdì 26 aprile 2024

Una storia attuale





In una calda mattina d'estate, Elena si recò nello studio del dottor Rossi. Da mesi, forse anni, lottava contro ansia e stress, e immaginava che l'ipnosi clinica potesse essere l’arma giusta per vincere finalmente questa lotta.


La mente di Elena è tormentata da ansie e stress, un turbine di pensieri che minaccia di soffocarla.

Tuttavia, c'è una scintilla di speranza nel suo sguardo, un barlume di fiducia nella possibilità che l'ipnosi clinica possa finalmente sbloccare le porte della sua psiche affaticata.

Elena sa che l'efficacia dell'ipnosi dipende dalla sua volontà di lasciarsi andare, di affidarsi al flusso della trance ipnotica. 

Sentire il peso delle sue emozioni e pensieri angoscianti lo spinge verso una profonda introspezione, un viaggio interiore che sa essere necessario per risolvere le sue difficoltà.

Il dottor Rossi accoglie Elena con un sorriso comprensivo, i suoi occhi scrutano oltre le apparenze, cercando di famigliarizzare con la rete di paure e ansie che avvolgono la giovane. 

La fase di preparazione diviene così un ponte delicato, una fase di conoscenza reciproca in cui Elena e il terapeuta si incontrano a livello profondo. 

Si crea un legame.

Si crea IL LEGAME.

Qui si costruisce l'alleanza terapeutica, un rapporto empatico fondato sulla fiducia e sulla comprensione.

La motivazione di Elena nel superare i suoi problemi è un faro che la guida verso l’indizione ipnotica. 

In quel limbo sospeso tra la veglia e il sonno, la ragazza si apre alla trasformazione, alla possibilità di abbandonare le vecchie convinzioni e abbracciare nuove prospettive.

Attraverso la trance ipnotica, il confine tra realtà e suggestione diventa sfumato, permettendo al dottor Rossi di guidare Elena attraverso profondi cambiamenti. 

Le suggestioni fornite dal terapeuta, si vanno a collocare nelle zone un po’ meno accessibili della mente di Elena, aiutandola ad abbracciare nuove idee con delicatezza e precisione.

È proprio con questo stato di accessibilità consapevole che l'ipnosi mostra la sua potenza come strumento terapeutico. L'ansia, lo stress e il panico che hanno imprigionato Francesco trovano un'uscita, una via verso la guarigione interiore. Il viaggio di Francesco attraverso la trance diventa così un simbolo della sua rinascita psicologica, un nuovo inizio in cui le ombre del passato si dissolvono alla luce della sua consapevolezza rinata."

giovedì 4 aprile 2024

Il pensiero







Il pensiero, pur essendo un'attività mentale fondamentale, rimane un processo oscuro e inaccessibile alla maggior parte delle persone. 


Si tratta di un fenomeno privato, intrinsecamente legato all'individuo che lo esperisce, e che non può essere direttamente osservato da altri. 

L'unico osservatore del proprio pensiero è la persona stessa, in quanto i pensieri sono frutto di un'attività cerebrale interna e personale.

Questo elemento di soggettività rende il pensiero un ambito complesso e sfuggente per gli studiosi e gli osservatori esterni. 

Mentre è possibile comunicare i propri pensieri attraverso il linguaggio e il comportamento, ciò che viene accessibile agli altri non è il pensiero in sé, ma solo una rappresentazione esterna di esso. 

Le teorie del pensiero propongono diversi approcci per comprenderne la natura e il funzionamento. 

Dalla prospettiva della Psicologia Cognitiva, ad esempio, si analizzano i processi mentali che stanno alla base del pensiero, come la percezione, l'attività mnemonica e le decisioni razionali. 

Tuttavia, nonostante i progressi nella comprensione scientifica del funzionamento cerebrale, il pensiero rimane un mistero intrinseco alla soggettività umana. 

La consapevolezza della propria esperienza interna e la capacità di riflettere su di essa rappresentano aspetti cruciali per esplorare il regno del pensiero individuale.

Ora facciamo attenzione.

La comunicazione dei pensieri attraverso il linguaggio e il comportamento rappresenta solo una parte superficiale del pensiero stesso.

I pensieri non sono da identificare direttamente con la realtà, piuttosto come eventi cognitivi che possono influenzare il comportamento. Quindi, ciò che gli altri possono percepire sono le manifestazioni esterne di questi pensieri, piuttosto che il pensiero "in sé".

Attraverso tecniche di sganciamento, si incoraggia la distanza dai pensieri disfunzionali per osservarli in modo obiettivo, senza appunto agganciarci  con essi. Queste tecniche supportano l'idea che i pensieri non definiscono direttamente chi siamo, ma sono parte di un'esperienza più ampia.

Inoltre, la consapevolezza e l'accettazione degli eventi interni, compresi i pensieri, sono centrali nel raggiungimento di una vita serena ed equilibrata. Accettare la natura temporanea e mutevole dei pensieri permette di creare spazio per agire in base ai valori personali, piuttosto che essere guidati esclusivamente dai pensieri che emergono.

L’argomento di cui ho parlato, può essere descritto anche con un esempio.

I pensieri, sono un po' come costruire un puzzle nella tua testa. 

Immagina di costruire un puzzle.

Immagina di avere tanti pezzi che rappresentano parole e concetti diversi. Quando li metti insieme nel modo giusto, crei un quadro che ti fa capire meglio il mondo intorno a te. 

Questi pezzi, si collegano tra loro in modi particolari che ti aiutano a capire le relazioni tra le cose. 

É importante capire come usare queste relazioni tra le parole e i pensieri per comprendere meglio il mondo e le nostre esperienze.

sabato 2 marzo 2024

Le prescrizioni







L’importanza delle prescrizioni da seguire a casa.

Questo approccio riflette l'importanza di monitorare e valutare il progresso di un individuo nel corso di una terapia psicologica. Chiedere a una persona di rappresentare visivamente il proprio stato attuale, il punto di partenza della terapia e il risultato desiderato al termine può essere un modo potente per incoraggiare la riflessione e la consapevolezza.


Nel contesto psicologico, questo compito rappresenta una forma di autovalutazione e di visualizzazione degli obiettivi. Chiedere a un individuo di confrontare i suoi disegni può aiutare a evidenziare i cambiamenti, le percezioni e le aspettative nel corso del percorso terapeutico.


Inoltre, il compito di disegnare "come vorrebbe essere al termine" può aiutare a fissare obiettivi realistici e motivare l'individuo a seguire le prescrizioni e gli impegni terapeutici anche al di fuori della sessione con lo psicologo.


Le prescrizioni da seguire a casa, che possono includere compiti, esercizi di riflessione, pratiche di mindfulness o altri strumenti terapeutici, diventano cruciali in questo contesto. Esse rappresentano il ponte tra le sedute di terapia e la vita quotidiana del paziente, facilitando il mantenimento dei progressi ottenuti durante il percorso terapeutico.


In conclusione, attraverso l'analisi dei disegni e il confronto tra il "qui e ora", l'"inizio della terapia" e il "fine desiderato", i professionisti della psicologia possono favorire una maggiore consapevolezza e impegno del paziente nel processo terapeutico. Le prescrizioni da seguire a casa diventano quindi uno strumento essenziale per consolidare i risultati della terapia nel lungo termine e per favorire un benessere psicologico duraturo.

martedì 13 febbraio 2024

Qui






La ricerca di qualcosa di diverso o di migliore, nel passato o nel futuro. 


Tutto si trova nel qui e ora.


"Ovunque tu vada, ci sei già" - Jonh Kabat-Zinn


Dai la massima importanza al momento presente e accetta senza giudizio ciò che accade intorno a te.


Solo nel momento attuale, la vita reale sta accadendo. 


Quando prendiamo coscienza della nostra esistenza nel qui e ora, riusciamo ad apprezzare la bellezza delle esperienze quotidiane.


Essere presenti significa accogliere con apertura ogni momento, senza cercare di cambiarlo. 


Mettere in pausa le preoccupazioni e le aspirazioni, e semplicemente esistere nel momento presente.


Percepire i pensieri e le emozioni senza giudicarli o cercare di cambiarli, ma semplicemente osservandoli accettazione.


I difetti, sono parte integrante di noi stessi. 


La felicità non dipende da ciò che abbiamo o da ciò che ci circonda, ma dalla nostra capacità di connessione con il momento presente.


Quindi, che tu sia nel bel mezzo di una folla rumorosa o in solitudine, ricorda che ovunque tu vada, ci sei già.

Teresa

L’ansia spesso ci appare come un ostacolo insormontabile, un segnale che qualcosa di terribile sta per accadere.  Ci immobilizza, ci fa per...